UN ANIMALE DA TRATTARE CON PRUDENZA
A vedere questa splendida statuina di faience conservata al Louvre, si rimane conquistati e si tende a dimenticare che essa rappresenta un animale selvatico che nell’Antico Egitto era considerato uno degli animali più dannosi e pericolosi. Esso aveva l’abitudine di pascolare nei campi coltivati distruggendoli e, se irritato, con la sua potente mole e dentatura poteva facilmente uccidere. Nonostante questo gli antichi Egizi li veneravano come creature benefiche che abitavano le acque limacciose del Nilo essenziali per la vita.
Si conoscono una cinquantina di ippopotami realizzati nella preziosa faience, blu o verde. Il più famoso è William, divenuto la mascotte del MET di New York. Di dimensioni che vanno dai 9 ai 23 centimetri di lunghezza, le statuine di ippopotamo vennero realizzate a partire dal Medio Regno (dal 2100 a.C. circa). Su di esse vennero dipinti motivi legati al mondo acquatico: boccioli di loto, fiori ed erbe palustri, rane, uccelli acquatici e insetti.
L’ippopotamo di Parigi sembra emergere dall’acqua ricoperto dai fiori di loto e da altre piante. Esso evoca il mito che vede un bocciolo di loto emergere dalle acque primordiali del Nun. Quando il fiore si aprì emerse il dio sole bambino che diede il via alla creazione. La doppia valenza di distruzione e creazione degli ippopotami donava quindi alle loro immagini uno speciale potere magico.
Queste venivano perciò depositate nelle tombe, spesso a diretto contatto con la mummia, come auspicio di rinascita nell’aldilà. Ma essendo gli egizi molto prudenti, per prevenire l’aspetto pericoloso dell’animale, le sue gambe venivano talvolta ritualmente spezzate. Maliziosamente si potrebbe pensare che così il defunto avrebbe avuto tutto il tempo di darsela a gambe.
Marina Celegon