Forse non tutti sanno che … a San Canzian d’Isonzo…

Forse non tutti sanno che … a San Canzian d’Isonzo…

Fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la zona dell’altare della chiesa parrocchiale era completamente diversa da quella che vediamo oggi. I famosi scavi degli anni Sessanta, che rivoluzioneranno la storia del paese e quella di tutta la cristianità, non sono ancora stati fatti e le ossa dei tre Santi Martiri Canziani giacciono ancora sotto terra.
La chiesa, probabilmente cinquecentesca e ampliata nel corso del Settecento, aveva l’altare principale addossato alla parete di fondo del presbiterio. La struttura di quest’ultimo era quella tipica dell’epoca, una mensa marmorea sormontata da un’architettura fatta di colonnine e cornici, che racchiudevano il trittico del Secante dedicato ai tre martiri (visibile ancora oggi).
La mensa d’altare possedeva un particolare di pregio: un raffinato paliotto, realizzato in marmo bianco, raffigurante il martirio di Canzio, Canziano, Canzianilla. Un’elegante voluta vegetale incorniciava il tragico momento, realizzato abilmente in mezzorilievo. Al centro della scena, proprio al disotto della conchiglia (simbolo utilizzato già nell’arte funeraria romana e, poi, nell’arte cristiana per evocare la resurrezione), la figura inginocchiata della giovane pronta per ricevere il martirio, accanto ai corpi senza vita di Canzio e Canziano. I gruppi di figure concitate sulla sinistra e sulla destra, le lance ritte verso il cielo e il brusco movimento del panneggio della veste del carnefice guidavano l’occhio del fedele verso il culmine della scena.
Questo straordinario esempio di scultura sopravvisse ai colpi di mortaio che distrussero completamente il presbiterio. Non sopravvisse, però, alla stoltezza dell’uomo. Un soldato presente all’interno dell’edificio pensò bene di decapitare tutte le figure, rendendo illeggibile l’opera. Di essa non rimane più nulla, solo l’immagine che riportiamo qui a lato.
Desirée Dreos